martedì 30 settembre 2008

Marketing territoriale: il business del vino e il suo virus interno

Questa estate ho visto un "vecchio amico o meglio conoscente" e, chiacchierando, mi raccontava di avere iniziato un'attività nel campo della produzione dei vini e che, con orgoglio, aveva dopo alcuni anni di attività ottenuto particolati riconoscimenti al Vinitaly.
Ho fatto un esame del sito, della presenza in rete e mi sono accorto che -come tutti o quasi gli imprenditori dei dintorni- disponeva di un sito semplice ma "antico", "vuoto di informazioni e contenuti (come potrete vedere in questo post sono convinto che i prodotti come il vino e i prodotti agroalimentari al pari dell'arte devono essere utile strumento di visibilità dei territori e, con le opportune differenze gli imprenditori di questi settori dovrebbero condividere assieme ad altri stakeholder le strategie di sviluppo dei territori stessi)" e naturalmente senza nessuna capacità di utilizzo di comunicazione bidirezionale o interazione, chiamatela come volete, tipiche del web 2.0.
In un mercato internazionale come quello nel quale ci veniamo a trovare ci vuole capacità di leggere i mutamenti specifici del mercato e per questo ci vogliono professionisti con conoscenze specifiche.
L'industria del vino e i prodotti che vende son prodotti che hanno di per se il germe del virus (chi conosce un buon vino tende, facendolo conoscere ad altri, a farsi apprezzare come "esperto" cosa che fa figo, per cui riuscire a convincere quelli che nel gergo sono degli opinion leader è un obbligo per un impresa che ambisce a fare successo.
Ma come fare? a questo punto c'è la "ormai antica" arte del regalare a questi opinion leader selezionati da altri il prodotto sperando che gli piaccia e che ne "promuovano l'acquisto" agli altri.
non molto profittevole ormai per una serie di ragioni, ma questo non è ancora compreso da tutti.
e allora?
Creare un rapporto con clienti che per qualsiasi motivo sono venuti a contatto con te (impresa) dandogli la possibilità di dare dei giudizi "reali" sul prodotto è la scelta da fare.
Ma come, mi hanno detto degli imprenditori ai quali ho fatto proposte del genere, io devo pagare te per dire stronzate...noi cerchiamo di fare di tutto per nascondere "i giudizi negativi!" e tu ci dici di investire risorse per lasciali fare?" "si, faccio proprio così caro direttore" rispondo, "e sai perché? quando faccio una cosa voglio avere molte probabilità di riuscire e visto che la gente non crede più alla pubblicità di brand nei canali tradizionali e che voi dovete ottenere -per vendere- fiducia ,l'unico modo è questo".
Se fate un prodotto di qualità e la gente vedrà veramente che, sul vostro sito per esempio, può dire ciò che vuole crederà a quello che gli altri avranno detto e se il prodotto sarà di qualità le critiche negative sensate queste serviranno a migliorare il prodotto.
Se voi avete un'altra scelta seguitela.
io credo(e non solo io ma guardate qui ) che solo questa strada sia perseguibile a lungo termine, non servirà a raddoppiare le vendite nell’immediato (per fare questo ci sono altri mezzi in rete) ma creerà quel rapporto che oltre ad aiutare l’impresa a migliorarsi sempre ascoltando i veri clienti e non proiezioni di ideali tipi di clienti delle società di sondaggi (Ricordate il pollo di Trilussa?), le permetterà di proiettarsi in un imminente futuro molto difficile da immaginare per tutti gli altri.

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