lunedì 10 marzo 2008

Università di serie A e di serie B

Traggo spuno da un articolo in prima pagina del corriere di ieri per parlare di questo argomento;
Non ci sarebbe niente di strano ad immaginare un Italia nella quale alcune Università, per meriti riconosciuti come la capacità di fare ricerca, di non sforare nei budget, di ottenere finanziamenti di attirare a se giovani ricercatori e, perché no, studenti attratti dalle possibilità di un più facile accesso nel mondo del lavoro, possano avere dei vantaggi riconosciuti dallo stato italiano.
Il mio è un parere, diciamo così, estremista. Innanzitutto, si dovrebbe eliminare il valore legale della laurea, che attanaglia da anni migliaia di giovani e con loro le loro famiglie -specialmente del sud e dalla Sicilia in particolare- convinti, a ragione, ed è questo il problema, che una qualsiasi laurea, comprata, presa nella peggiore università italiana valga comunque ad accedere ad una serie di concorsi che altrimenti non si sarebbero potuti fare ( si proprio quei concorsi nei quali per 10 posti di cancelliere al tribunale si presentano 70.000 candidati muniti di laurea).
Concorsi pubblici, "posti sicuri" il sogno per il quale una madre sarebbe disposta a pagare pur di vedere il figlio "sistemato".
Il risulato? migliaia di persone che prendono lauree laureando l'espeienza, andando a CE** -evitiamo di farci denunciare subito, aspettiamo almeno qualche giorno- facendo aumentare in maniera esponenziale il numero di laureati di una facoltà e quindi togliendo come dire, ai meritevoli, la possibilità di utilizzare quello che si sperava sarebbe stato, preso seriamente come si dovrebbe, un vantaggio competitivo e professionalizzante come una laurea.
Università di serie A quindi ? speriamo di si, e speriamo soprattutto che almeno un ateneo siciliano, in questo momento quella più a meridione delle undici è l'Università della Calabria, abbia i requisiti per potere accedere a questo club, e che tutte le Università si "spremano" per non essere considerate di serie B o addirittura di serie C.
Si chiamano liberalizzazioni e c'è più di un economista importante che le considera l'unico modo nel mondo moderno per potere aumentare l'efficienza e dare più servizi, e questo secondo me l'unico modo per portare concorrenza tra le Università e quindi servizi ai clienti consumatori

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro dott. Pinella, è da qualche giorno che ho "scoperto" il suo blog, trovandolo particolarmente interessante. Leggendo i vari articoli da lei pubblicati, mi ha particolarmente interessato quello relativo alle Università italiane.
Anch'io ho letto l'articolo apparso sul Corriere della Sera e mi ha fatto tanto piacere il fatto che ci sia stato qualcuno pronto a prenderne spunto, per diffondere la nuova idea di Università proposta. Certo non abbiamo scoperto l'acqua calda, dato che tale modello universitario, che distingue le università dedite alla ricerca da quelle dedite soltanto alla formazione, è vigente nel mondo anglosassone, ma per il nostro Paese rappresenta una novità assoluta. Purtroppo, come lei sa bene, spesso i dottorati di ricerca sono creati ad hoc per delle persone che hanno pochissimi meriti ma tanti "appoggi". Ciò nonostante, non è bene fare di tutta "l'erba un fascio", poichè anche in Italia ci sono tanti bravi ricercatori, che hanno difficoltà prettamente materiali, viste le loro condizioni contrattuali. La proposta del Corriere, da lei ripresa e diffusa, mi sembra essere un'ottima soluzione per rilanciare la ricerca in Italia, pichè questo modello di università premia le università migliori, incentivandole e, almeno spero, evitando la famosa fuga di cervelli, di cui spesso sentiamo parlare. Per adesso si tratta soltanto di un idea, ma col tempo e grazie ad un opera di diffusione, penso sia possibile portare avanti tale proposta.

Nino Sabella

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